Il quadro proviene dalla collezione Corsi Guicciardini Salviati di Sesto Fiorentino. Fu commissionato da monsignor Lorenzo Corsi (1601-1656), membro dell’importante famiglia fiorentina, dai profondi legami coi Medici, e i cui membri ebbero cariche pubbliche di rilievo (PEGAZZANO 2010, pp. 41-55). Fu legato apostolico per conto dei Medici presso la corte papale e la sua permanenza a Roma gli permise un notevole aggiornamento culturale nei confronti del collezionismo artistico dell’Urbe. Fu particolarmente vicino all’ ambiente del notevole collezionista e committente cardinal Giovan Carlo de’ Medici, fratello del granduca di Toscana Ferdinando II. Lorenzo Corsi fu lui stesso collezionista di rilievo, come emerge dagli studi di Donatella Pegazzano.
A questa studiosa, fra l’altro, si deve l’identificazione, su inoppugnabili evidenze documentarie, dei poco noti autori del quadro, Giovan Battista Stefanini, detto il Battistone, che dipinse le figure, mente il paesaggio si deve a Francesco Arrigucci (PEGAZZANO 2015, pp. 97-99). Il quadro presenta un’affollatissima battuta di caccia al seguito del cardinal Giovan Carlo, raffigurato al centro in veste cardinalizia, seguito da un corteo di nobili a cavallo, oltre a battitori, paggi, ragazzi, guardiacaccia e addirittura un nano, presenza frequente negli ambienti medicei. La scena è animata da levrieri e altre sorte di segugi, mentre in lontananza vediamo correre cavalli allo stato libero. Sulla sinistra, rivolto verso il riguardante, è ritratto il committente Lorenzo Corsi.
Il dipinto, a differenza delle praticamente deserte corografie delle ville medicee attribuite a Giusto di Utens (GALLETTI 2016; GRIFFO 2016), offre una visione sullo svolgersi delle caccie medicee, come descritte dai diari di Andrea Cioli e Cesare Tinghi (MIGNANI 2004, pp. 10-23). Il dipinto mostra una ritualità e gerarchia sociale, dal momento che i personaggi più sontuosamente vestiti fanno parte del corteo equestre, a differenza dei personaggi di rango inferiore raffigurati a terra. Sebbene gli elementi salienti dell’architettura della Villa, degli annessi e della trama viaria corrispondano in pieno a quelli della lunetta dipinta da Giovan Brandas nel 1606 (GRIFFO 2016, p. 19), il punto di vista è totalmente cambiato. Non abbiamo più l’ideale restituzione corografica, ma la scena è vista dal piano dei campi antistanti la villa e compresi fra essa e il fiume Sieve visibile lungo il bordo inferiore del dipinto, oggi tagliati dalla strada Statale della Futa. Siamo dunque di fronte a una resa narrativa dei personaggi, mentre il paesaggio boscoso sullo sfondo, nella sua resa pittoresca, è quanto mai generico, a differenza della puntigliosa resa della lunetta che, con precisione orografica raffigura la valle del Fosso di Bucciano, ancora oggi affluente della Sieve.